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Il sol versasse un nembo. Il prence allora
Tutti raccolse da ogni parte i vati
E i sacerdoti, sapïenti e saggi,
Facondi in favellar, di vigil core;
205Da ogni parte ei li trasse alla regale
Dimora in fretta, e poi con mesto core
Il suo sogno narrò, visto da lui
Per l’atra notte. Ei li raccolse, e in loco
Secreto gli radunò; chiese che a sua
210Sventura e si cercasse e si vedesse
Forte un riparo. Orsù, disse, del vero
Fatemi certo, e all’alma mia sì fosca
Fino alla luce fate un varco! — E intanto
Ei gl’inchiedea d’ogni secreta cosa,
215Del mal, del ben della sua sorte infida,
E seguì poi: Come avverrà che giunga
Al termin suo del viver mio felice
Il lungo corso, e chi questo mio trono
E la corona avrà, l’aurea cintura
220Di prence e di signor?... Su, su, si sveli
Ogni secreto a me; se no, la vostra
Testa davver che perderete voi!
     Inaridìa de’ sacerdoti il labbro
A quegli accenti, e lor pallide gote
225Subitamente si bagnàr di pianto.
Se l’avvenir, dicean fra lor sommessi
Mormorando così, per noi si svela
Veramente qual è, grave è il periglio
Di nostra vita, nostra vita è grama
230E senza pregio. Se da noi non sente
Profetar l’avvenir, di nostra vita
Deporre ogni pensier meglio è per noi.
     Così passàr tre giorni, e niuno ardìa
Far manifesto apertamente il vero.
235S’adirò il quarto dì l’alma feroce
Dell’arabo signor contro que’ saggi