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Apprendean con gran studio, e gli alimenti
Con certa norma in preparar fùr dotti.
Venner con alma intenta ed il governo
65Preser così della regal cucina,
E allor che tempo giunse ove innocente
Sangue scorrer dovea, quando la dolce
Vita dovean troncar delle infelici
Vittime i regi scalchi, a lor fùr tratti
70Da crudi sgherri con percosse e strepiti
Due giovinetti al pie; che anzi boccone
Li gittarono al suol. Smarrì a tal vista
L’alma de’ scalchi intenerita, e lagrime
Spuntâr sul ciglio, e fu desìo magnanimo
75Di vendetta in ciascuno. Essi guardaronsi
Così l’un l’altro, questo e quello, e un alto
Disdegno ebbero in cor per l’opre ingiuste
Di quel signor dell’ampia terra. E allora,
Poi che altra via non era aperta e nota,
80Uno ucciser dei due, trasser dal capo
D’un capretto il cerèbro e alle cervella
Di quel preclaro il mescolàr già spento.
Ma l’altro ebbesi in don la cara vita,
E, Vedi, gli dicean compunti e mesti
85Gli scalchi, vedi omai se in parte ascosa
Ti è dato soggiornar. Bada che loco
Abitato non sia quella ove andrai
Terra lontana, chè deserti solo
Inospiti e selvaggi ed alti monti
90Lochi son destinati al tuo soggiorno.
     Così cerèbro vil di agnelle o zebe
D’uman cerèbro venne in loco, e quelli
Un cibo ne apprestavano commisto
Agli orridi serpenti, onde ben tosto,
95Ad ogni luna, trenta giovinetti
In dono avean da lor la cara vita.
E allor che ben duecento eran raccolti,