Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/170


— 153 —

E i cavalieri che venìan d’Irania
Un re cercando, corser tutti a gara
1040Nella presenza di Dahàk. Prestârgli
Omaggio allora come a prence, e sire
D’Irania il salutâr con alte voci.
E il crudo re che avea su le sue spalle
Gli orridi serpi, come turbo mosse
1045Al nuovo regno e nell’irania terra
La corona regal si pose in capo.
D’arabe genti egli adunò, d’iranie
Ancora, immenso stuol, prenci e guerrieri
Da ogni lontana regïon; lo sguardo
1050Volgendo al trono di Gemshìd, la terra
Attorno attorno gli fe’ angusta e grama.
     Ma poichè declinar la sua fortuna
Vide Gemshìd, che rincalzava il nuovo
Arabo prence, si fuggì ramingo
1055Dinanzi a lui, gli abbandonando il trono
E il regal serto e la grandezza sua,
I suoi tesori e l’ampio stuol de’ suoi.
Ei si nascose solitario, e trista
Si fe’ la terra e squallida per lui,
1060Or che il trono regal, la sua corona
A Dahàk dati avea. Passàr cent’anni,
E niun lo vide mai per questa terra,
Ch’ei si tenea dagli occhi de’ mortali
Sempre lungi e nascosto. E un dì fu visto,
1065De’ cent’anni al finir, sovra le sponde
Del mar di Cina, l’empio re; ma l’ebbe
In sua mano Dahàk, nè gli concesse
Tempo o riposo, chè in due parti il fece
Tosto segar con un’arguta sega
1070E l’ampia terra liberò da lui
E dal timor che ne venìa. L’antico
Prence così, che l’alito fuggìa
Dell’orribile drago, alcun non ebbe