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del Libro dei Re; per lui soltanto il mio lungo lavoro può ora uscire alla luce, e io qui gliene rendo pubblicamente dovute e sentite grazie. Tentammo insieme un’associazione; mandammo fuori le schede, e il risultato fu tale in breve da potersi pubblicare la prima dispensa non già in ottobre di quest’anno, come si era detto nel programma di associazione, ma bensì in giugno.

Se ora dovessi esprimere ciò che sento nell’animo mio in questo momento di prova, direi che sento non poca trepidazione; ma a questa trepidazione sta accanto una fiducia grande, che è quella data dalla coscienza di aver fatto ciò che io poteva, fiducia rafforzata in me dall’approvazione di persone illustri (e voglio qui ricordar soltanto Andrea Maffei, che giudicò, per sua bontà, molto favorevolmente il mio lavoro) e dalla festosa accoglienza che tanti hanno fatto all’annunzio della mia pubblicazione.

A queste persone amiche io la raccomando, e più ancora la raccomando alla gioventù, che nel canto di Firdusi troverà una nobile poesia che le parlerà potentemente alla fantasia e al cuore.


I. Pizzi.



Torino, 1° giugno 1886.