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È uman cerèbro lenimento a questo
Morbo sì strano, lagriraar n’è d’uopo
1010E pel mal che t’incolse e per sua cura,
Chè ogni giorno per te due giovinetti
Spenti cadranno, e tu, tronche lor teste,
Ne trarrai le cervella. — Oh! che mai volle
Quel dei Devi signor con tal proposta?
1015Che volle e che cercò, qual mai disegno
Vide in sua mente ria, se non che un’arte
Trovar potesse ascosa, onde restasse
Vuota la terra d’ogni stirpe umana?
VI. Morte di Gemshîd.
(Ed. Calc. p. 25-26).
Grido levossi dall’irania terra,
1020Manifestârsi in ogni loco attorno
Guerre e tumulti, e intenebrò d’un tratto
Il dì sereno e radïante. Ruppero
Fede a Gemshìd i popoli rubelli,
E poi che maestà che vien da Dio,
1025Offuscavasi in lui, volse d’un tratto
Egli a menzogna ed a stoltizia il core.
Ma intanto, da ogni parte un re mostravasi,
Un principe venìa da ogni frontiera;
Ei vassalli adunâr, guerriera gente,
1030E, vuoto il cor di quell’antico affetto
Per Gemshìd, meditâr pugne ed assalti.
Venne d’Irania esercito d’armati
All’improvviso e alla terra deserta
D’Arabia volse il piè. Seppesi allora
1035Ch’era in que’ lochi un principe superbo.
Inspirava terror, due serpi avea
Avviticchiate agli omeri gibbosi;