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725Maestà di sovrano, il lume suo
Perdette allora, ed ei s’accorse e vide
Che ira del cielo il perseguìa costante
E s’afflisse e tremò. Ma, nell’offesa
Dell’Eterno sdegnato, alcun non vide
730Conforto all’empio re. Gemshìd ben molto
Bagnò il petto di lacrime e perdono
Chiedendo venne a Dio signor. Fuggita
La maestà divina era da lui.
Superbia del peccar nata era in lui.

V. Leggenda di Dahâk e del padre di lui.

(Ed. Calc. p. 22-25).


     735Visse a que’ tempi un uom gagliardo in quelle
D’astati cavalieri ampie campagne,
Re possente e magnanimo e nel core
Per timor dell’Eterno umile e pio.
N’era Mirdàs l’inclito nome, e ad alto
740E nobil grado era ei salito, in opre
Di giustizia e di grazia. Alle sue case
S’accogliean da ogni parte al tardo vespro
E mandre e greggi a mille a mille, e capre
E cammelli e giovenche e bianche agnelle,
745Che il giustissimo prence a’ mungitori
Fidate avea. Vacche lattanti ancora
Ed arabi destrier, leggiadramente
Discorrenti pel campo, a’ servi suoi
In custodia ei lasciava; e chi di latte
750Avea brama da lui, liberamente,
Secondo il suo desìo, stendea la mano.
     Quell’uom preclaro un solo figlio avea,
Segno di molto amor. Del giovinetto,
Di gloria amante, era Dahàk il nome;
755Ed ei crescea gagliardo, impetüoso