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E i dolci sonni. Oh sì!, le vesti ancora,
690Di vostre brame il compimento, è dono
Che vien da me. Però, mia la grandezza,
Mia la corona e la regal possanza.
Or chi dirà che, fuor di me, v’ha in terra
Altro signor?... Ma per rimedi e farmachi
695Il mondo risanò; nessuno incolse,
Me regnante quaggiù, morbo letale.
Chi adunque, s’io non fui, cacciò la morte
Da’ corpi vostri? Nol potranno mai
Gli altri regnanti, anche se molti. A voi
700Da me venne la mente e venne l’alma
In vostri corpi. Ma se alcun noi crede,
Egli è Ahrimàn. Che se pur noto è a voi
Ch’io fei cotesto, ben si vuol che ognuno
Me chiami e appelli creator del mondo.
705     Stavano a capo chino i sacerdoti
Tutti, e nessuno ardìa chieder del come,
Del perchè dimandar. Come fu detta
L’empia parola, da lui tolse Iddio
La maestà di re, pien di tumulto
710Restossi il mondo. La sua gente allora
Dalla sua reggia dilungossi, e venti
E tre giri di sol per l’ampia terra
Andò raminga. Tracotanza umana
Quando la fronte incontro a Dio solleva,
715Porta con sè la sua rovina, e cade
Ogni sorte propizia. Oh! che dicea
L’antico saggio a cui scorrea favella
Dolce dal labbro, ed era ei giusto e pio?
«Anche se prence regnator tu sei,
720Servo, ei dicea, di Dio ti chiama. A lui
Chi rubello si fa, sente nel core
Terror con raccapriccio». — E il dì sereno
Anche a Gemshìd si fe’ molesto e oscuro.
Quella che risplendea da lui pel mondo