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545Animo grato per alcun, ma l’arsa
Gleba van lavorando e con industre
Cura vi spargon la semenza. Mietono,
E nell’ora del cibo alcun rimorso
Non sentono nell’alme ognor serene.
550Liberi son da ogni comando, avvolti
Ben che in misere vesti, e lor non giunge
Detto maligno di proterva lingua,
Niun rimprovero mai, ma, sciolti e scevri
D’ogni biasmo d’altrui, d’ogni contesa,
555Sani di corpo, rendono la terra
Feconda e amena. Oh! che dicea quel saggio,
Uom sapïente e liberal? «Corrompe
E schiavo rende, egli dicea, la turpe
Ignavia un liber’uom». — La quarta schiera
560Degli Ahnukhòshi s’appellò. Son pronti
All’opra, ed alma hanno arrogante e audace.
Vanno essi trafficando e ingombro il core
Hanno da mille cure. Il sapïente
Signor di cinquant’anni il corso spese,
565Egli al popolo suo di molti e ricchi
Doni fu largo, e destinò diverso
Grado a ciascun, loco diverso a ognuno,
Al merto suo convenïente, e il come
Per primo egli additò, perchè ciascuno
570Di sua condizïon sapesse il pregio
E il maggior grado altrui riconoscesse
E il minor stato con perfetta norma.
     Poi che quell’opre ebbe compiute, il savio
Prence ai Devi ordinò che aride zolle
575Mescolasser con acqua. Or che fu noto
Ciò che far si dovea col molle limo,
Copia infinita di mattoni i Devi
Impuri fabbricàr con tal poltiglia,
E con gesso e con pietre alte pareti
580Solleciti levàr, tutte osservando