Questi ei recò pacifici animanti
Dai deserti e dai monti alle sue case.
Al guinzaglio venìan quanti eran pure 375Di quella schiera. E quanti degli augelli
Recar poteano aita, ardenti falchi
E sparvieri che eretta han la cervice,
A sè raccolse e molte loro apprese
Cose leggiadre. Oh sì!, meravigliava 380Di lui la gente! Ei fea precetto intanto
Che i feri augelli con carezze e cure
Altri ammansasse e cenno lor facesse
Sol per dolce richiamo. E poi che queste
Opere si compìan, trasse il gran prence 385Alle sue case le galline ingorde
E i galli, che cantar doveano al primo
Albor, nell’ora che fragor di timpani
Sorge dovunque. Le nascoste cose,
Utili invero, ei trascegliea. Deh! voi, 390Disse il gran re, l’Eterno ossequïate,
Lui, del mondo Fattor, lodando in core,
Ch’ei ci diè potestà su la famiglia
D’esti animanti. A lui, che ci mostrava
Additando la via, sia laude eterna! 395 Saggio un ministro egli si avea, di cui
Lungi dall’opre male era il consiglio,
In ogni loco celebrato. Il nome
Era Shedàspe, ed ei, fuor che a ben fare,
Il passo non movea. Lungi dal cibo 400Ad ogni giorno il labbro avea, si stava
In piè, dinanzi a Dio, l’intera notte,
Caro all’alma d’ognun. Costume suo
Era pregar la notte e il dì. Qual astro
Benefico al suo prence era il gran savio; 405Ei sol frenava d’ogni tristo e reo
L’anima tracotante; ei sol la via
Al giustissimo re mostrava in terra