Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/148


— 131 —

270Serpe ratto fuggì dinanzi a lui.
Ma la pietra minor forte a maggiore
Urtò di contro e si spezzò con quella
Un cotal poco, e scaturìa dall’una
E dall’altra una luce, e un chiaror vivo
275Tutto quel loco rivestì. Non ebbe
Morte però l’orribile serpente;
Ma quel che uscìa da sue latèbre acceso
E fulgido splendor, fe’ chiaro al prence
Che chi, ferro impugnando, a tutta forza
280Batte le pietre, vivida scintilla
A un tratto uscir ne fa. Ma il re del mondo
Nel cospetto di Dio venne adorando,
Benedicente, che l’Eterno in dono
Questa luce gli diè, ponendo un segno
285Agli uomini così, ver cui voltarsi
Dovean pregando, e il re, Luce divina
È cotesta, dicea; chiunque alberga
Saggezza in petto con virtù, l’adori!
     Venne la notte e sull’alpestre cima
290Un gran fuoco destò, qual di montana
Vetta culmine acuto, e intorno al fuoco
Il prence si restò con la sua schiera.
Festa egli indisse in quella notte e vino
Bevve pur anco e di Sadèh alla gaia
295Festa diè il nome. Cotal festa poi
Rimase in terra qual del sapïente
E nobil re memoria viva. Oh! molti
Fosser quaggiù pari a costui nel senno
I regnatori! La terrena sede
300Adornava ei costante e la fea lieta,
Sì che la gente fe’ di lui ricordo
In bene ognor per tutti gli anni appresso.
     Con tal forza di re, con tal divina
Maestà di sovrano, ei dalle verdi
305Foreste ove abitar con cervi e onàgri