tutto il regno di Minôcihr, che fu tradotto dapprima nel 1876, poi nel 1882, poi nel gennaio del 1886. In prova di che, se ne vegga, come saggio, il principio:
Versione del 1876 (pubblicata nel 1877 nei Racconti Epici):
Poi che di sette giorni ebbe concesso
Lo spazio al duolo per l’estinto sire
L’illustre Minocìhr, quando pel cielo
Al dì ottavo salìa più bella e chiara
Del sol la lampa, al capo ei fe’ ornamento
Del regal serto e si locò sul trono
De’ padri suoi. Del mal tutte ei precluse
Le vie con arte, e sapïenza e amore
Fûr la sua guida, sì che lieto il lungo
Corso mirar potè di cento e venti
Anni sereni, tutte governando
De’ mortali le stirpi. A piè del trono
Gli eroi tutti ed i prenci che le ricche
Città reggean dell’ampia terra, al suolo
Inchinando la fronte, il regio ostello
Tutto echeggiar facean delle sue laudi,
Ed ei, che cinta la regal corona
Avea in quel giorno, dischiudendo il labbro
A un lieve riso, così in questi accenti
A que’ lor voti rispondea cortese. |
Versione del 1882:
Poi che di sette giorni ebber concesso
Lo spazio al duolo per l’estinto sire
D’Irania i prenci e il pianser dolorosi,
Venne e si cinse Minocìhr sul capo
La corona dei re, quando spuntava
L’ottavo dì. Con possenti scongiuri
L’arti egli vinse di magia; per cento
Giri di sole e venti ancor si volse
Età per lui. Ma de la terra in pria |