Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/136


— 119 —

O per tesoro imperïal superbia
Si assunse mai, nè per battaglie e imprese
Quel suo cor si oscurò. Tutti frattanto
I fidi suoi, che molti ei n’ha, i famosi
665Guerrieri e i servi d’illibato core
Questo prence di prenci han caro e amico
E fedeli gli sono e obbedïenti.
Con tutta fè. Prenci son dessi ancora
Ne’ lor castelli per l’immenso regno,
670E lor nome si grida oggi dall’alto
Seggio sacerdotal nei templi nostri.

XII. Lodi dell’Emiro Nasr, fratello del Sultano.

(Ed. Calc. p. 10-11).


     Primo fra questi è il fratel suo bennato,
Minor d’età, che non ha pari in quella
Dolcezza umana che l’adorna. Il saggio
675Che di Nasr animoso alla grandezza
Fedel servo si dice, all’ombra queta
Di quel signor dell’ampia terra tutta
Vive beato. Ed ei che padre un giorno
Ebbe Nasir-ed-din, trono ha lucente,
680Di cui la base è quale il serto fulgido
Delle Pleiadi in cielo. Ha valor grande
E consiglio e virtù d’uom saggio e accorto,
E i prenci tutti allietansi per lui,
Quanti son nella reggia. Anco il possente
685Signor di Tus è di tal schiera eletta,
Ei che in battaglia anche un leon conquide.
Oro a’ suoi servi ei dà quanto ei ne tocca
Da lieta sorte, chè la gloria sola
Ei chiede in terra e l’ha. La via che adduce
690All’Eterno, egli addita all’uman seme,
Prega che al loco suo resti il suo prence.