Parver coperte d’un verde broccato, 590Allor che un trono si mostrò, di mille
Turchesi ornato e sfavillante. In esso
Un gran prence sedea, bello qual luna,
E su la fronte non celata avea,
Ma una corona tutta d’or. Dintorno 595Si stendean per due miglia i prodi suoi
E da destra e da manca erano in ampio
Ordin disposti sette volte cento
Elefanti animosi. Eragli innanzi
Nobil ministro, e al gran signor la via 600Di giustizia mostrava e l’alte norme
Di nostra fede. Io mi stupìa per tanta
Maestà di quel re grande e famoso,
Per tante genti sue, per quelli in guerra
Valorosi elefanti. E poi che in volto 605Al possente signor gli occhi io fermava,
Un de’ suoi prenci a dimandar mi fei:
È questa, dimmi tu, del ciel la vòlta,
La luna è questa, o il trono o la corona
Di sovrano signor?... Stelle son queste 610Che songli attorno, o prenci incliti in armi?
E tal mi rispondea: Questi è il signore
D’India e di Grecia; da Kannogia al mare
Di Sind lontano. Ma in Turania tutti
Gli son servi e in Irania, e vivon tutti 615Sol per sua grazia e suo voler. La terra
Egli tutta adornò di sua giustizia
Con l’opre illustri, e poi che fu compiuta
L’impresa sua, si pose in su la fronte
L’inclito serto. Egli è Mahmùd, possente 620Signor di nostra terra; egli a una stessa
Fonte conduce e lupi ed agni. I prenci,
Da Kashmìr popolosa al mar di Cina,
Prestangli omaggio ossequïosi; e allora
Che nella cuna dal materno latte