Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/132


— 115 —

520Core egli era e fedel, d’alma preclara,
E sparve un dì, ben che famoso e illustre,
Dal popol suo, qual nobile cipresso,
Cui dal suo loco, in un giardin fiorente,
La procella schiantava. Oh! nobil sire,
525Che avêi splendido cinto, e il portamento
Avevi di gran re, gentil persona
E maestoso incesso!... Io più non vidi
Da un fatal giorno in poi segno nessuno
Di lui, nè vivo, nè già spento. Ei cadde
530Per man degli omicidi, orride belve.
Questo mio cor, captivo ora per lui,
Senza speme restò; l’egro mio spirto
Tremò qual ramo alla bufera. Oh! scenda
Maledizion sull’anno infausto e il mese,
535Nel quale ebbe poter sulla persona
Di tal prence il nemico!... Io bel consiglio
Ricordo ancor di quel possente, e adduco
A più retto sentier l’anima mia,
Per quel consiglio, dagli errori suoi.
540«Quando compiuto avrai, dissemi il saggio,
Questo Libro dei Re, solo a regnanti
Bello sarà se tu l’affidi». — E questa
Dolce parola infonde nel cor mio
Un soave gioir, tutta quest’alma
545Esulta e gode in sè, chè ove quest’alma
Ricorda ancora il suo consiglio amico,
Più saggio questo cor rendesi a un tratto,
E nova gioia lo ravviva e accende.
Così la man distesi all’opra in nome
550Del Re dei re, da l’eretta cervice.

XI. Lodi del Sultano Mahmûd.

(Ed. Calc. p. 9-10).


     Da che il mondo creò l’onnipossente
Man dell’Eterno, un prence a lui simile