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E fumoso vapor non l’han formata,
Non polve od acqua. Con sue tante luci,
Con sue tante facelle, è, come al primo
Giorno dell’anno, a primavera, un vago
230E nobile giardin di faci adorno.

V. Creazione del sole e della luna.

(Ed. Calc. p. 4-5).


Nella vôlta del cielo astro s’aggira,
Luce dell’alme, da cui prende il giorno
Luce e calor. Dall’oriente ei leva
Ogni mattina radïante il capo,
235E scudo sembra tutto d’or; riveste
La terra tutta d’un manto di rai,
E questo mondo, in pria sì tetro e oscuro,
S’abbella e adorna di sua viva luce.
Ma allor che d’orïente ad occidente
240Ratto si volge, mostrasi la bruna
Notte con gli astri d’orïente al varco;
Nè l’uno all’altra toglie il passo, e via
Non è più dritta di cotesta. — Oh! dunque,
O tu che Sol ti chiami, oh! che t’avvenne.
245Onde sul capo mio non splendi mai?
     Una facella ha pur la notte ombrosa
(Tu, figlio mio, fin che hai poter, non volgere
Ad opre ingiuste mai!). Quando di trenta
Giorni già tocca il fin questa notturna
250E vagante facella, il suo pudico
Volto nasconde a noi per due congiunte
Notti e due giorni. Alfin si mostra, e pallida
E sottile ne appar, qua] d’infelice
È incurvo il dorso per amor gagliardo
255Che il tormenta e consuma. Appena il nostro
Occhio veder la può lontan lontano