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Certo sarìa, se non nascesse il male
Da malvagia natura; e niun mai tolse
L’ombre triste alla notte. Alcuna speme
250In chi vile nascea, deh! non ponete,
Amici miei, che per lavar ch’uom faccia,
Tal che negro nascea, non si fa bianco,
E buon frutto sperar da vil natura
È stolto oprar, quanto gittar rodente
255Polve sugli occhi e non temerne danno.
     Ma se il nostro signor nome si avesse
Avuto in terra senza macchia, onore
Ottenuto ne avrìa sapere umano;
Ed ei con alma intenta avrìa le belle
260Cose ascoltate e de’ regnanti appresi
I nobili costumi e gli usi antichi,
E con mente diversa ed altra voglia
Avrìa pensato del mio cor costante
Al voto ardente, nè la mia fortuna
265Sarìa caduta allor. Chè il glorïoso
Verso mio sol dettai, perchè consiglio
Ne traesse il mio re, perchè sapesse
Che sia parola e sua virtù, pensando
Al savio consigliar di questo vecchio,
270Nè i poeti affliggesse, intatto e puro
Serbando l’onor suo. Chè ove si vegga
Oppresso un vate, rapida ei saetta
Una invettiva, e resta fino al giorno
Del mondo estremo il disdegnoso carme.
     275Un dì, nell’eternal sede di Dio
Santo e verace, spargendomi in fronte
In segno di dolor la negra polve,
Questo grido farò: L’anima sua
Ardi, o Signor, nel fuoco eterno! Illumina
280Il cor del servo tuo, che n’è ben degno!