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E gli ottanta suoi figli ricordai,
140Tutti prodi e animosi e cavalieri
Nella palestra, e re Lohrâsp, cui molta
Gloria adornò, Zerîr, inclito duce,
E Gushtâsp e Giamâsp, che gli astri in cielo
In computar questo fulgido sole
145Di splendor superò. Darâ, quel figlio
Di Darâb, con Behmên fu celebrato,
Con Sikendêr, che fu signor di tutti
I re dei re quaggiù. Leggesi il nome
Di Ardeshîr regnator, del figlio suo,
150Shapûr, e di Behrâm, dell’alma eletta
Di prence Anushirvân. Pervîz illustre
Io notai con Hormûz, col figlio suo,
Kobâd, ancora. E questi prenci antiqui
Di cui tutte narrai le chiare imprese
155Paratamente, per l’età lontana
Al nostro ricordar giaceano estinti.
Ma s’ebbe per mio dir vita novella
L’obbliato lor nome; e come un giorno
Gesù alla luce richiamar potea
160Le fredde salme, così anch’io, narrando,
I morti nomi lor risuscitai.
     Addetto, o prence, a’ tuoi servigi, un’opra
Io compii che di te sarà nel mondo
Ricordo eterno. Le superbe case
165Vanno per pioggia o per ardor di sole
Ratto in rovina; ed io, co’ versi miei,
Edificio fondai solido e forte
Che di venti non tocca o di procelle
Danno improvviso. Passeranno molte
170E lunghe età su questo libro illustre,
E il leggerà chi ha fior di senno in core.
Ma tu, signor, non questa a me donavi
Promessa un dì, non questa era la speme
Che mi venìa dal reggitor del mondo!