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Fino a quel dì che sorgeranno i morti,
Servo sarò a que’ due, s’anche le carni
Cadermi a brani mi facesse il prence
In suo furor; nè dall’amor di quelli
35Ritrarrassi il cor mio, s’anche la spada
Sovra il mio capo rapida scendesse
Del crucciato signor. Servo son io
Devoto a quella del divin Profeta
Inclita casa, e adoro, al suol prosteso,
40La polve che dal pie del suo Compagno
Fu tocca un giorno. Ma tu, o re, con alta
Minaccia il core mi feristi! «Il tuo
Vil corpo, hai detto un dì, sotto a le piante
D’un elefante vo’ mirar calpesto,
45Ravvolto in sè come l’acqua d’un fiume!»
Non io temo però, chè mi rinfranca,
Nella purezza del cor mio, l’amore
Che pel Profeta e per Alì m’accende.
Oh! che dicea, che mai dicea quel santo
50Rivelator delle dottrine ascose,
Ch’ebbe al divieto ed al comando in terra
Alto poter? «Son io d’ogni scïenza
Qual munita città; porta sublime
È per entrarvi, Alì». — Vera fu questa
55Del Profeta sentenza, e testimonio
Ben io farò che in essa era nascosto
Ogni secreto del suo cor. Diresti
Che pieni di tal voce ho ancor gli orecchi!
E tu, se hai fior di senno e mente e savio
60Consiglio in cor, t’eleggi un nobil loco
Del Profeta e d’Alì seduto al fianco,
Sempre fidando in lor. Che se da questo
Consiglio mio ti verrà danno, tutta
Cada su me la colpa. Io bene affermo
65Esser cotesta la segnata via,
Questo il costume e la ben certa norma.