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trono, egli potè riordinare il regno e governarlo per diciotto anni. Ma intanto gli Arabi, condotti da Saad figlio di Vakkâs, minacciano ai confini, e Yezdeghird manda a combatterli Rustem, prode e valoroso, che fin da principio prevede assai, male della sua impresa e ne scrive al fratello. Dopo inutili trattative con Saad, Irani e Arabi vengono alle mani, e Rustem cade ucciso in battaglia.
Yezdeghird, consigliatosi coi suoi principi che l’accompagnano piangenti, fugge verso il Khorassân ponendo ogni sua fiducia in Mâhûy, uomo di nascita vile che il re aveva beneficato ed esaltato. Ma anche Mâhûy era un traditore; egli accoglie il suo re con ogni testimonianza di onore e di ossequio, ma secretamente incita l’ambizioso Bîzhen a venir con armi e con armati. In un combattimento presso Merv, Yezdeghird è abbandonato da tutti e trova rifugio, in sul cader della sera, in un mulino, posto sul fiume Zark. Il mugnaio Khusrev esce al mattino e meravigliato trova l’incognito guerriero, seduto pensoso e mesto sopra un fascio d’erbe tagliate. Yezdeghird lo prega di andargli a prendere un poco di cibo e un fascio di verbene, quale tenevano in pugno i seguaci di Zoroastro nel recitar le loro preghiere.
Il povero mugnaio si presenta al borgomastro per le richieste cose, e il borgomastro, meravigliato della domanda d’un fascio di verbene, lo fa condurre alla presenza di Mâhûy che da tutte le parti cercava ansioso il fuggitivo re per trarlo a morte. Ormai non è più alcun dubbio che l’incognito guerriero non sia lo stesso re Yezdeghird. Mâhûy ordina al mugnaio di ucciderlo, pena la morte s’egli non obbedisce, ne valgono a