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Chuorandus nemini cedens, nisi soli Deo et caloribus aestivis, ultra Atim fluvium propter opaca loca et aeris temperiem in montana secessit; ibique ab Archiepiscopo Mediolanensi per duos menses, et amplius regalem victum sumptuose habuit.

Disputano gli eruditi quale fiume si deva intendere sotto il nome Atis. Il Muratori confessa d'ignorarlo ritenendolo tuttavia nella Diocesi di Milano per la ragione, che dovette essere in luogo di spettanza dell'Arcivescovo1. Il Giulini aderendo a questa ragione del Muratori sentenziò che l'Atis di Wippone non poteva essere altro che l'Adda. Due difficoltà però di non lieve conto si opponevano al suo avviso; ma egli seppe trarsene d'impaccio con tutta facilità. Il fiume Adda nelle antiche carte si scrive generalmente Atua o Adua, e più spesso Addua, ma poco importa: si legga a dirittura Atua in luogo di Atis. Ma l'ultra Atim significa al di là dell'Adda, e quel territorio non è soggetto alla giurisdizione dell'Arcivescovo, si intenda dunque al di qua, e così potrà collocarsi Corrado nella Brianza. Quanto arbitraria sia questa interpretazione del Giulini niuno è che nol vegga; mentre attenendoci alla semplicità del testo e seguendo l'opinione, che ritiene l'Atis di Wippono per l'Atosa, o Tosa, che scorre per la Valle dell'Ossola, è manifesto che l'ultra Atim inteso di luogo posto al di là di esso fiume, Corrado era ancora sotto la giurisdizione dell'Arcivescovo di Milano. E così di fatto la intesero il Puricelli ed i Sassi, citati dallo stesso Giulini, così la intese il Durandi (Alpi Graie e Pennine p. 78), e così recentemente anche il lodatto Dott. Cavalli (l. c. T. 1, p. 117), il quale inoltre crede molto probabile che re Corrado siasi recato a passare l'estate in Val Vegezzo.

Ora supposta vera, come a me sembra, questa interpretazione, abbiamo da essa stessa un argomento per ritenere che la sola Ossola superiore, nella quale trovavasi certamente quel

  1. Si noti a questo proposito che l'Arcivescovo di Milano era stato tra i principi Italiani il solo, che invitis illis ac repugnantibus, come scrive lo storico Arnolfo presso il Durando, della Marca di Ivrea, Torino, 1804, pag. 39, offerse a Corrado la corona d'Italia ed anche lo consacrò circa il 20 marzo di questo stesso anno 1026. (ivi, pag. 61).