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cente, modesto e timido; e faceva di berrelta al signor sindaco, ed alle più microscopiche autorità. A Roma gli han chiodato in capo il cappello; e quasi quasi direbbesi (Dio mel perdoni!) che gli stia un pochino a sghembo sull’orecchio. E la sottana come è aggraziatamente ripiegata! E come va per la via pavoneggiandosi! E poco manca che non abbia il pugno sull’anca! Tutto questo, perchè trovasi nel regno amministrato da’ preti. Ei respira aure pregne di gloria clericale e di onnipotenza teocratica. Paf!... È una bottiglia di vino di Champagne di cui salta il tappo. E quando ei ne avrå mirato il fondo, comincerà a susurrare fra’ denti, che il clero francese non ha ciò che merita; e che noi troppo indugiamo a restituire gl’immobili che la rivoluzione gli ha tolti.

Ho udito co’ miei orecchi difendere questa tesi sul battello che ne rimenava in Francia. I più cospicui passeggeri erano il principe Souworf, governatore della provincia di Riga, uomo de’ più illustri che si possano incontrare in Europa; il signore de la Rochefoucauld, aggiunto all’ambasciata di Francia; il signor de Angelis, mercatante di campagna assai istruito e pregevole; il signor Oudry, ingegnere della strada di Civitavecchia, ed un ecclesiastico francese rispettabile per età e per corpulenza. Questo reverendo, al quale non era sgradita la disputa, e che veniva da paese dove i preti hanno mai sempre ragione, mi trattenne dopo pranzo in-