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Una città cosi riverente al passato, cosi fedele alle buone rimembranze, è l’asilo naturale di tutti i re detronizzati. Gli è in Roma ch’essi vengono porre al bagno le contusioni, e medicare le ferite del loro orgoglio. Poi, tranquillamente vivono intorniati da servitori i quali sono ad essi rimasti fedeli. Una piccola corte, unita nella loro anticamera, gl’incorona; e addimandali «Maestà» o e gl’incensa nel gabinetto della tavoletta. I nobili romani e gli illustri stranieri vivono con essi in disuguale intimità, umiliandosi per esser rilevati e largheggiando di venerazione per un briciolo di famigliarità. Papa e cardinali prodigano quella osservanza che forse negherebbero ad essi assisi sul trono; e sempre per esser conseguenti! Breve: il re più ammaccato e pesto da ingrati sudditi non ha miglior partito a prendere, che ricoverare in Roma; con un tantino d’immaginazione e con molti scudi gli parrà ch’ei regni sopra popoli assenti.

I turbamenti che han chiuso il secolo XVIII ed inaugurato il XIX hanno sospinto in Roma intere colonie di teste già coronate. Le sopravvenute modificazioni nella società europea vi han pure addotto altri ospiti assai manco illustri, i quali non appartenevano nemmeno alla nobiltà del loro paese. Egli è fuori dubbio che la fortuna, l’educazione e l’ingegno hando da cinquant’anni acquistato diritti che erano riserbati alla nascita. E Roma ha veduto arrivar nelle sue