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erano vuote. Roma dava ad essi tenero addio, e piamente serbavane memoria e danaro.
La rivoluzione del 93 disordinò si piacevoli cose; ma fu come un uragano fra due bei giorni d’estate. Nè la romana aristocrazia, nè l’eletto drappello degli ospiti fedeli prese in sul serio quel rovesciamento bruiale di tutti i delicati piaceri. Con nobile rassegnazione portarono l’esilio del Papa, l’invasione francese e tante altre calamità, che presto e volentieri posero in non cale. L’anno 1815 diè di bianco sopra alcuni anni di storia schifosa. Furon rase tutte le scritte che rimemoravano la gloria o i beneficii di Francia. Si discusse fino se bene mettesse sopprimere la illuminazione delle strade, solamente perchè poneva in chiaro cose che si volevano intenebrate, ma soprattutto perchè ai nomi si collegava di Miollis e di Tournon. Anche oggi, nel 1859, il fiordaliso o giglio chiarisce le genti delle proprietà francesi. Un marmo nella chiesa di San Luigi dei Francesi promette discreta indulgenza a chi preghi pel re di Francia. Il monastero francese della Trinità dei Monti, il rispettabile monastero che ci ha venduto e ripreso il quadro di Daniele da Volterra, possiede i ritratti di tutti i re di Francia, da Feramondo fino a Carlo X. Bene si osserva Luigi XVII fra il XVI ed il XVIII omonimo nella storica galleria; ma indarno cercherete il ritratto di Napoleone o di Luigi Filippo, quasi fossero quelli di Nana-Sahib o di Marat.