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che ogni gentiluomo abbia palagio in città, palagio in villa; cocchi, cavalli, paggi, servi in livree. Si fa senza materasse, pannilini e seggioloni; ma non si può senza pinacoteca. Ne è poi necessario aver un pollo nella pentola tutte le domeniche; ma si un giardino cinto da mura in pietre scalpellate, per lo solazzo dei forestieri. Cotesti chimerici bisogni assorbono la rendita e intaccano il capitale.

Eppur conosco cinque o sei tenute che basterebbero alla prodigalità di Epuloni, so fossero amministrate all’uso inglese, od anche a modo francese; se il proprietario agisse con sue mani e vedesse co’ suoi occhi, nè ponesse fra sè e le sue terre un nugolo di intermediarii che rimpannucciano a tutto suo danno.

Non che i principi romani lascino andare a occhi veggenti gli affari loro a tracollo. Guardivi dal confonderli con quei grandi signori della vecchia Francia, che sorridevano al naufragio di loro fortuna, è toglievano vendetta dell’intendente con un frizzo ed un calcio. Il principe romano possiede uffizio d’amministrazione, registri, impiegati; spende tutti i giorni qualche ora nella sua cancelleria; verifica conti, segna carte e ne raccoglie la polvere. Ma poichè ha poca capacità ed istruzione niuna, il suo zelo serve solo a porre in salvo la risponsabilità dei furbacchioni che lo circondano. Mi hanno mentovato un gentiluomo che aveva redato enormi ricchezze,