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la facoltà di trar copie della sua galleria; ma, oltre che era spilorcio da tre cotte, l’esempio suo passò inimitato.

Quasi tutti adoperano virtù di carità, senza troppo discernimento, si per boria, per patronato, per abito, per debolezza, poichè non osano diniegare. Non sono eglino tristi: sono buoni, e a questa parola mi arresto, chè temo di andar tropp’oltre.

Nè mancano tutti d’intendimento e di cultura. Va per le bocche della gente il principe Massimo pel buon senso, i due Caetani pe’loro giuochi di parole. Santacroce, abbenche con uno spicchio di cervello di meno, esce dai volgari. Ma deh! qual pessima educazione hanno essi ricevuta dal Governo? Quei che non sono figliuoli, sono allievi di preti: e questi sonosi studiato di nulla ad essi insegnare.

Andate in cerca di un seminarista a San Sulpizio: nettatelo per benino, vestitelo di tutto punto da Alfred o da Poole, ornatelo di penziglianti gemme da Marlimer o da Castellani, fategli apparare un pochissimo di musica e di cavallerizza; voi avrete bello e fatto un principe romano, che pesa quanto gli altri.

Voi supponete che gente elevata in Roma, circondata da capolavori, prendano vaghezza delle arti belle, e ne sieno alquanto sentiti. Gua’! Questi non pose piede in Vaticano che per rendere visite di convenienza; quegli non ha notizia della sua pinacoteca se non quel