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Cotesti preziosi globicini che microscopio non giungerà a scoprire, ma che diligente osservatore indovina ad occhio nudo, sono rari in tutta Europa, nè so se abbiavene altrove. Potrete farne incetta in Francia, in Ispagna, in Inghilterra, in Russia, in Alemagna, in Italia. Roma è città ove se ne troverebbono in minor quantità; e pure la romana nobiltà non è priva della sua aureola.

Trentun principe o duca; numero stragrande di marchesi, conti, baroni e cavalieri; molte nobili famiglie prive di titoli, di fra quali Benedetto XIV ne allibrò sessanta in Campidoglio; grande distesa di dominii signorili; un migliaio di palagi; un centinaio gallerie grandi e piccole; rendite vistose; favolosa prodigalità di cavalli, cocchi, livree e stemmi; veglie regali in ogni verno; un resto di privilegi feudali e gli omaggi del popol minuto: sono cotesti i distintivi più scolpiti della romana nobiléa, pe’ quali ella è in ammirazione a tutti gli scimuniti dell’universo. Ignoranza, oziosità, orgoglio, servilità e nullità, sovra ogni cosa, ecco i vezzosi difetti che la collocano su tutte le europee aristocrazie: che se mi sarà dato avvenirmi in rispettabili eccezioni, mi farò coscienza di chiarirlo.

Svariatissime le origini della romana nobillà. Gli Orsini ed i Colonna (poco ne avanza) discendono da eroi o da briganti delle età di mezzo. I Gaetani datano dal 730. I Massimo, i Santacroce, i Muti vanno a rin-