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si corresse pericolo di affamare una contrada, ponendo un uomo alla porta.

Ma cotesti speculatori di coltura sono per soprammercato saliti in potenza. Uno di essi, nel 48, sotto il regno di Mazzini, lorché per manco di pecunia cessarono le opere pubbliche, fe ’ terminare a sue spese il ponte della Riccia, che si conta fra le più leggiadre opere del tempo nostro. E pure il valentuomo ignorava se il Papa sarebbe tornato al Vaticano, ed avrebbe rimborsato le spese. Questo s’addimanda farla da principe, usurpare spudoratamente un compito che non è della sua casta.

Ma io, che non ho la ventura d’esser principe, non ho ragione al mondo per tenere in conto di veri nonnulla i mercatanti di campagna; ed in quella, ne ho di belle e di buone per tributar loro stima sincera. Ho, per verità, scôrto in essi intendimento non disgiunto da bonarietà, e per aggiunta, assai di cuore; tipo di borghesi, nell’accezion migliore della voce. Solo mi duole che sieno pochini nè posti in condizion libera.

Fossero soli duemila, ed il cosi detto Governo lasciasseli a loro buona voglia operare, la campagna romana prenderebbe in pochi mesi altro aspetto, e la febbre della mal’aria altra via.

Gli stranieri che han vissuto in Roma più o meno a dilungo fanno bordone ai principi nel favellare in tuon sprezzante della borghesia. Ed io, il quale diedi in ciampanelle con essi, sono in grado di chiarire la cosa.