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marginare. Se potessimo di presente sbrattarci degli uomini di uffizio, tutto camminerebbe co’ piedi suoi.» Stiamo a speranza che s’abbia presto a trovare alcun burocratico macchinismo capace di supplire al lavoro dell’uomo!
I principi romani dispettano la classe mediana. Il medico che ne ha cura e che li sana pertiene a cotesta classe. Ma avvegnadiochè abbia fisso stipendio, lo spregio viene come giunta alla carne: spregio, peraltro assai magnanimo, del padrone pel cliente. Allorchè à Parigi l’avvocato piatisce la causa d’un principe, questi dicesi ed è cliente: in Roma è l’avvocato.
Ma sopra il fittaiuolo od il mercatante di campagna cadono gli scrosci più terribili del principesco dispregio. Eppure debbo dar loro ragione.
Il mercatante di campagna è uom da nulla; onesto, intelligente, operoso, ricco. Ei prende a fittanza qualche migliaio di ettare a dissodare, che il principe ignorante ed impotente lascerebbe incolte. Su questi nobili terreni il fittaiuolo fa vagar senza rispetto sue mandrie di buoi, di vacche, di cavalli e di montoni. Talora, se la scritta nol vieta, ei pone a lavoro buona parte del suolo e vi semina frumenlo. Sopravvenuta la state, mille o mille e dugent’uomini, discesi da’ monti, invadono la terra del principe in servizio del fittaiuolo. Falciano la messe, battonla sull’aia, raccolgonla in covoni e pagliai, o la recano nei