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serve di dormentorio ad altrettanti villici. Di lontano la cupola di una chiesa, le ampie mura di una badia, la torre merlata di feudal castello vi fan credere che siavi del ben di Dio. Legioni di avvenenti fanciulle con anfore di rame in sulla testa discendono ad attignere alla fonte che polla sotto lo scoglio. Ma sta qui tutto: entrate nell’abitato; allo squallore, al silenzio, alla solitudine, vi credereste in mezzo a città abbandonata, se grandi cedoloni in sulle sudicie e affumicate pareti non testimoniassero di recente missione. «Viva Gesù! Viva Maria! Viva il sangue di Gesù! Viva il cuor di Maria! Bestemmiatori, tacete per amor di Maria!» Religiose sentenze che depongono a favore della bonarietà degli abitanti. Dopo un quarto d’ora di giri e andirivieni, si sbocca sulla piazza maggiore, ove una mezza dozzina d’officiali civili stannosi sbadigliando a canto fermo assisi presso ad una botteguccia da caffè. Sedete con essi, i quali vi chieggono in sul serio novelle di Luigi Filippo, e voi, per rimando, quale epidemia spopolo il paese: quando un paio dozzine di venditori e rivendugliole pongono in mostra, disposte a cerchio, le loro mercanzie, tali che frutta, legumi, insalate. Ma chi compera? Ecco i compratori. La notte s’avanza, e tutta la popolazione riede dal lavoro dei campi al riposo del tugurio. Bella e robusta popolazione, come saresti formosa al riguardante, ordinata in reggimenti di fanti od in isquadroni