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vano dovuto presentare certificato di buona condotta religiosa e politica. In somma non vi ha che un elettor solo, e questi è il Papa.

Ripigliamo la serie delle elezioni, facendo principio dalla nazione. Gl’Italiani sono ghiotti delle libertà municipali: il Papa sallo, e, da buon principe, ne dà ad essi a isonne. La Comune vuole da sè scegliere i consiglieri suoi: v'ha dieci consiglieri ad eleggere, ed il Papa nomina 60 elettori: sei per ogni consigliere! E gli elettori essi medesimi non sono là a casaccio: hanno tutti un certificato della parrocchia e della polizia. Frattanto, com’essi non sono infallibili, e nell’esercire novello diritto potrebbero equivocare, il Sovrano s’induce a fare da sè stesso l’elezione. I suoi consiglieri comunali (e son suoi davvero) vengono in seguito a presentargli una lista di candidati al consiglio provinciale. La lista è lunga, affinchè il santo Padre spazii nella scelta. Nella provincia di Bologna, per esempio, egli elegge 11 sopra 156 nomi, fra quali, per non ravvisare i devoti, bisognerebbe che avesse le traveggole. A loro volta gli undici consiglieri di provincia presentano quattro candidati, sopra i quali il Papa nomina un solo. Ecco in che modo la nazione vien rappresentata nella consulta della finanza!

Intanto, per darla ber grossa, il Papa aggiunge alla lista de’ rappresentanti alcuni uomini di sua scelta, della casta ed intimità sue. I consiglieri eletti dalla nazione sono eliminati ogni biennio nella terza parte: i nominati dal Papa direttamente sono inamovibili.