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gnore, che è inscritto al catasto per la tenue somma di 27,500 lire, perché gli appartamenti abitati dal proprietario non sono compresi nella rendita. Tale com’è, cotest’immobile rende 7000 lire e ne paga 452 d’imposta. La casetta che gli sta propinqua, nel cadasto 5,000 lire, rendene 250, e ne paga 84. Di qualità che la magione del grande vien tassata lire 6,57 per ogni centinaio di reddito; il casolare del cittadino lire 33,60!

A buon diritto compatiamo ai Lombardi; i proprietarii della provincia di Bologna sborsano 60,000 lire più di quelli della provincia di Milano.

Aggiungete i dazii di consumo, che versano sulle derrate di prima necessità al vivere, tali che farine, legumi, riso e pane; e che sono qui, più che altrove, intollerabili. La carne, exempligrazia, ha tassa pari a Bologna ed a Parigi; la paglia, il fieno, la legna da ardere, più cara.

Gli abitanti di Lilla sborsano 12 lire ognuno per dazio; gli abitanti di Firenze 12, quei di Lione 15; quei di Bologna 17. Or, non siam noi alquanto, lontani dalle, 9 lire dell’età d’oro?

Vuolsi, a dir vero, osservare che la nazione non sempre patì cosi duro trattamento. I pubblici pesi non salirono a tanta enormezza che sotto il regno di Pio IX. il bilancio di Bologna, fra gli anni 1846 e 1858, è cresciuto del doppio.

Fosse almeno l’oro versato dalla nazione speso pel bene della nazione!