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paro ai danni del dispotismo balordo. Ma che può volontà d’uomini a petto della inerte resistenza d’una casta? Le leggi di Pio VI e Pio VII rimasero ineseguite. La coltivazione che, sotto il regno di Pio VI, erasi distesa a meglio di 16m. rubbia, è oramai ristretta a 5 o 6,000 sotto le paterne cure di Pio IX. Non solo è raro che alberi sieno piantati; ma si lasciano gli armenti andar rosicchiando le tenere messe, e gli speculatori incendiar foreste per trarne potassa!.

Le proprietà dei Principi sembrano essere condotte con manco rei ordini agrarii di quelle della Chiesa; ma non versano in florido stato, come altri potrebbe darsi a credere. La legge che nelle mani della stessa famiglia eterna ed infutura un’immensa possidenza, è ostacolo insormontabile alla divisione ed all’ammegliamento dei terreni.

E mentrechè le più liete pianure d’Italia languono in abbandono, una popolazione forte, instancabile, eroica coltiva, a colpi di badile, l'arido fianco dei monti, e struggesi a fecondar ciottoli e rocce.

Hovvi già mostrato i piccoli proprietarii montagnuoli, che riempiono le cittaduzze di 10,000 uomini, sul versante del Mediterraneo; e ben sapete con qual furore combattono la sterilità del loro poderetto, senza speme di arricchire un giorno. Cotesti sciagurati che consumano la vita per campar miseramente la vita, stimerebbonsi trasportati al terzo cielo se alcuno lor concedesse per contratto enfiteutico uno o due ettari nella