Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
186 |
Ma suppongo per poco che tutti i sudditi del Papa rinunzino volontarii a tutte libertà religiose, politiche, municipali, anche civili, per tuffarsi nelle felicità dei beni materiali, che abbiam comuni co’ bruti, tali che la sanità ed il nutrimento: trovan poi di che soddisfarsi? Possono, almeno per questa parte, lodarsi del governo? Sono tanto bene trattati come gli animali in gabbia? Il popolo è desso in buono stato?
In tutti i paesi dell’universo, tre sono le sorgenti della pubblica ricchezza: agricoltura, industria, commercio. Tutti i governi che fanno lor dovere, e comprendono loro interesse, favoriscono a chi più può, con generali disposizioni, la masseria, la bottega, l’opificio. Dovunque nazione e capo sono solidali, si vede commercio e industria stringersi attorno al governo ed accrescere fino all’eccesso il movimento dei capitali; l’agricoltura anch’essa fa suoi prodigi nella zona meglio esposta agli influssi del potere. Roma è la città meno industriale e meno commerciante di tutto lo Stato, e il suo distretto rassembra un deserto. Convien fare lungo viaggio, prima di trovare alcun saggio d’industria, e qualche tentativo di commercio.
L’industria si nutre di libertà. Ma, tutte le industrie alquanto importanti costituiscono privilegi che il governo romano concede agli amici suoi. Non solamente i tabacchi e i sali, ma lo zucchero, i cristalli, le candele steariche si fabbricano per privilegio. Fondasi una compagnia per le assicurazioni? ella è