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scia veder nulla, avvegnachè la temenza dello scandalo sia infiltrata nei costumi; ma il diavolo vi fa ingordi guadagni. Fors’anche i cittadini sono tanto più avversi alla religione, in quanto ch’ella domina su di essi. Nostro nemico è sempre il padron nostro; e Dio stesso, sendo troppo assoluto padrone di cotestoro, viene ad esserne stimato nemico. Lo spirito di opposizione si nomina ateismo, lorchè le Tuileries s’addimandano il Vaticano. Un ragazzaccio di Rimini, che in vettura menavami a San Marino, proferi a tal proposito cosa che m’è rimasta fisa in mente: «Dio? (dissemi): se ve n’è uno, gli è un prete come gli altri.»

Lettore, meditate la buffoneria, cui quando rifletto con calma, ed esamino da vicino, rimango compreso d’orrore, in quel modo che dappresso alle fessure del Vesuvio, che lasciano intravedere il baratro.

Dubito del miglior senno del mondo che il potere temporale abbia condotto a modo e a verso tanto i proprii interessi, che quelli di Dio. La deputazione di Roma, nel 1849, era rossa: ella nominò Mazzini: ella tuttora il rimpiange nel basso del Rione Regola, appo le fangose sponde del Tevere, ove le società secrete spesseggiano oggidi, come i moscherini alle rive del Nilo.

Se al filosofo Gavarni si schierassero innanzi cotesti miserabili frutti d’educazione-modello, probabilmente sclamerebbe: «Educate adunque le nazioni, affinché elleno vi manchino di rispetto!»