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fatto ogni possibile per torre di mezzo cotesto abuso.

Non vi è una legge, un regolamento, un atto, una parola venuta da alto che non abbia di mira l’edificazione del popolo, e che non lo spinga verso il cielo.

Entrate una chiesa: si predica. Un frate, collocato sopra un pulpito improvvisato, taglia a tondo l’aria colle braccia e diserta dommaticamente e furiosamente sull’immacolata Concezione, sul digiuno della quaresima, sul magro del venerdi, sulla Trinità, sulla particolar natura del fuoco infernale. «Pensate, fratelli miei, che se il fuoco terrestre, fuoco creato da Dio pe’ vostri bisogni, vi cagiona si fiero dolore al più piccolo contatto; che sarà la fiamma dell’inferno creata a bella posta per punire i peccatori; quanto più cocente, più aspra, più furiosa? Questa fiamma che divora senza consumare, ecc.» Ma vo’ sparagnarvi il resto. I nostri sacri oratori predicano invece alle mogli la fedeltà, agli uomini probità, docilità ai fanciulli. Ei pongonsi a livello di un uditorio laico, e spargono, secondo loro facoltà, seme di virtù sulla terra. L’eloquenza romana ha in tasca le virtù, il mondo e simili: ella aggraffa pel ciuffo il suo uditore, e ponlo nella callaia della divozione che mena dritto al cielo: e opera da maestra.

Aprite un libro divoto: eccovi costi la vita di santa Giacinta, posata sul tavolo di lavoro di una giovinetta. Un ago da calzette fra due pagine ne avverte del luogo in che la lettrice si è arrestata al mattino.