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e che stramazza giù nello inferno, o almeno, nel purgatorio. Ecco motivo perchè l’uccisione, dico quella di un cristiano, non è mai bastantemente punita. Ma noi, chi abbiam mai ucciso? Non altro che un miserabile ebreo, già dannato, che quando avesse avuto cent anni per convertirsi (conoscete l’ostinatezza della razza maledetta), sarebbe crepato senza confessione come un ciuco. Abbiamo, nol nego, abbreviata di qualche anno la scadenza della giustizia celeste; abbiamogli affrettata l’eternità delle pene che non potevagli mancare, prima o dopo. Ma siate, o signori, indulgenti per colpa veniale, e serbate la vostra severità per quelli che alla salvezza e alla vita di un cristiano fanno attentato.»
Discorso assurdo a Parigi; logico rigorosamente a Roma. Il colpevole fu francato con qualche mese di carcere.
Mi chiederete, per qual ragione gli ebrei non fuggissero a mille chilometri dalla trista valle di fango? Infelici! Vi eran nati. Aggiungete, tennità d’imposizioni, modicità di fitti, ed anche la carità sprezzante dei Papi che, in tempo di caro o d’inondazioni, loro gettava qualche osso a rosicchiare. E poi, assai costa viaggiare, nè si hanno passaporti per tutta la terra.
Ma se, per miracolo d’industria, alcuno di cotesti infelici avesse accumulato un poco d’oro, primo pensiero, fuggir con la famiglia lontano dal ghetto. Poste insieme le po-