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a malincuore abbiano dannato il reo a pena di morte. Pensate, per avventura, che darannosi fretta di spacciarlo per lo esempio? Novelle. Gettanlo in una segreta, e quivi fannolo stare a dilungo, sperando che da per sè si muoia. Nel luglio 1858, in Viterbo, piccola città, erano ventidue sentenziati a morte, i quali cantarellavano salmi nella prigione aspettando il boia.

Il boia arriva; tosto ne manda uno a dar calci al rovaio; ed il popolo é commosso a compassione; la folla piange; un grido solo odesi dalla bocca della gente: Poveretto! Egli è che il suo misfatto data da dieci anni; nessuno se ne rammenta; ei stesso l’ha espiato col carcere. Il supplizio sarebbe riuscito esemplare se fosse stato eseguito dieci anni prima.

Eccovi i rigori della giustizia penale. Non vi parlo di sua benignità, chè ne smascellereste dalle risa. Il duca Sforza Cesarini assassina un servo, su due piè, perchè parla vagli con poco rispetto. Il Papa condannò l’omicida ad un mese di ritiro in un convento... per lo esempio.

Guai però chi toccasse l’Arca santa, chi finisse un prete, minacciasse un cardinale! Per lui nè asilo, nè galera, nè clemenza, nè indugio. Or fa trent’anni, la giustizia mise in brani sulla Piazza del Popolo l’uccisor d’un prete. E, non ha guari, fu decapitato colui che aveva attentato alla vita del cardinale Antonelli.