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come lor talenta; ma nessuna parola va perduta in uno Stato sopravvegliato da preti. 11 governo ha catalogo di coloro che mal gli desiderano: ne prende vendetta quando può; ma non corre dietro ad essa. Adocchia le occasioni, paziente, perchè credesi eterno.
Se il temerario che ha parlato occupa modesto impiego, la commissione depurativa, senza strepito, gli dà erba cassia, e lo depone delicatamente sul lastrico.
Se è dovizioso, si aspetta che alcuna cosa gli occorra, puta, un passaporto. Uno de’ miei amici di Roma aspetta da nove anni il permesso di viaggiare. Egli è ricco, operoso: la sua industria è di quelle che approdano allo Stato; un viaggio all’estero completerebbe le sue cognizioni e coadiuverebbe le sue bisogne: novelle! Da nove anni dimanda udienza al capo della sezione dei passaporti, e nessuno gli ha dato risposta.
A parecchi altri, i quali chiedevano facoltà di condursi in Piemonte, hanno ripetuto: « Andatevi, ma non rivenite mai più. » Non li hanno esiliati: a che far pompa d’inutili rigori? Ma, in cambio del passaporto che concedevasi loro, hanno dovuto sottoscrivere una dichiarazione di volontario esilio. I Greci dicevano: «Non è dato a tutti andare a Corinto.» I Romani han modificato il proverbio: «Non è dato a tutti andare a Torino.»
Un altro de’ miei amici, il conte X...., aveva causa pendente da più anni nanti l’in-