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ch’ei credessono, col signor Thiers, che Papa indipendente vuol esser Papa re, avendolo scorto in sua povertà più indipendente e più donno di qualvuoi monarca terreno: ma eglino il vollero dovizioso per ragion di amistà, di calcolo, di riconoscenza, ed anche per diseredare le proprie famiglie, come accade tuttodì, con le quali erano in iscrezio. Dall’epoca di Madonna Matilde inuzzolito della proprietà, il Papa cominciò aver di catti, e le voglie sue rinverdirono impronte. Acquistò città per capitolazioni, tale che Bologna; n’ebbe a colpi di cannone, tale che Rimini; alcuna pure per tradigion secreta, tale che Ancona. E cosi il vescovo di Roma è il monarca temporale di quattro milioni di ettari di terreno, e domina sopra tre milioni cenventiquattromila seicensessantotto uomini, che dolorano rosi fino all’osso dalle marmeggie pretesche.
Or perché son dessi nel duol si vinti? Ascoltateli, chè n’avete d’onde.
Eglino dicono: «Che l’autorità cui sono sommessi, senzachè abbianla nè dimandata nè accettata, è la più sostanzialmente assoluta fra quante n’abbia ideate Aristotile: che i poteri legislativi, esecutivi e giudiciarii sono unificati, confusi, amalgamati nella mano istessa a marcio dispetto degli Stati civili e delle teoriche del Montesquieu; ch’eglino fanno ciecamente a fidanza con la pontificale infallibilità, ove di religion si favelli; ma nelle civili bisogne nè sanno nè possono piegarvi il collo; che non rifuggono dal prestare