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ancora confusi nella pratica? Più che mai; i governatori delle città continuano a giudicare, i vescovi ad amministrare. Il Papa ha nulla abdicato di sua infallibilità negli affari? Nulla. Si è interdetto il diritto di cassare le sentenze della Corte di appello? Mainò, mainò. Il cardinale segretario di Stato non è più ministro regnante? Si, regna, e gli altri sono suoi valletti anzi che suoi commessi, e trovereteli il mattino nella sua anticamera. Vi ha consiglio di ministri? Si, certo; quando i ministri vanno a prendere gli ordini dal cardinale. Il maneggio della pubblica finanza è pubblico? Punto. La nazione vota ella il tributo o consente che gliel prendano? Come in passato. Le libertà municipali sono alquanto distese? Meno che nel 1846.
Oggi, come nei più bei tempi del dispolismo pontificale, il Papa è ogni cosa; egli ha tutto; ei può tutto; egli esercita senza censura e senza freno perpetua dittatura.
Io non nutro avversione per sistema verso la magistratura eccezionale dei dittatori. Gli antichi Romani altamente pregiavanla, vi ricorrevano alcuna volta, e lodavansene. Quando il nemico era alle porte o la repubblica in periglio, senato e popolo, solitamente cotanto sospettosi, abdicavano i loro diritti nelle mani di un uomo, cui dicevano:«Salvaci!» Vi ha, certo, di belle dittature nella storia di tutti i tempi e di tutti i popoli: e se si contassero tutti i periodi dell’umanità, trovereb-