Pagina:Il Ducato di Trento nei secoli XI e XII.djvu/30


— 26 —


Inoltre proibisce a qualunque cittadino, che non sia libero o miniseriale della chiesa, il fabbricare torri e fortilizzi, senza permesso del vescovo e la adesione del suo avvocato, ordinando che, dove esistano tali costruzioni, debbansi abbattere, con minaccia dello sdegno imperiale per chi non fosse pronto ad ubbidire; pei ministeriali e liberi bastava invece la sola concessione vescovile. Liberi erano coloro che non avevano vincoli nè col comune nè col vescovo, e ministeriali quei che avevano giurato vassallaggio al principe, in cambio d’un feudo concesso. Apprendiamo da questa disposizione che per lo innanzi i cittadini potevano erigere le solite bastite in città, indipendentemente dalla volontà del vescovo, bastando il solo consenso del Comune, che in Trento dimoravano famiglie o libere o ministeriali, le quali erano escluse dal nesso comunale, e che nella città dalle trenta torri già in allora, molte furono pria costruite; lo che facile è il dimostrare, considerando lo stile architettonico delle ancora esistenti. Col concedere agli estranei il fortificarsi e niegarlo o difficoltarlo ai cittadini si voleva afforzare il partito ostile al Comune, cioè quello aderente ai tedeschi, e togliere alla città il mezzo di resistenza, se opporsi intendeva colla forza alle soperchierie vescovili od imperiali.

L’Imperatore toglie alla città o trasferisce al vescovo il diritto del Comune di fissare ed ordinare le misure ed i pesi del vino, del pane e delle altre derrate; nel qual diritto si comprendevano in generale tutti i provvedimenti annonari. Non era cosa di lieve momento, specialmente in epoca in cui si alteravano pesi e misure non solo per frode privata, ma eziandio per ingordigia di chi comandava. Col privare il Comune di quel diritto, cui forse andava unito anche qualche provento finanziario, cessava ogni guarentigia al pubblico che era esposto ad essere anche per questo verso taglieggiato dai nuovi padroni.

Il Comune aveva l’autorità di imporre collette, sia nell’interno, sia nell’esterno (dal che risulta che la città aveva eziandio un suo proprio distretto, cui comandava) e la facoltà di ordinare sul ponte, sulla navigazione, e sulla moneta. Questi diritti passarono pure al vescovo, con grave danno economico del popolo trentino, che ne andò privo.

Comprendeva il primo diritto la facoltà di ordinare autonomicamente tutto il proprio sistema economico e procacciarsi i mezzi pecuniarii necassari per sopperire ai propri bisogni e fare tutto quello che il Comune deliberava fosse intrapreso. Il ponte sull’Adige, aderente alla città,