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Egregio Amico.


Dopo le angosciose vicende degli anni quarantaotto e quarantanove Voi riparaste fra le mura native, e deste opera ad ordinare la trentina Biblioteca ed a studiare con critico discernimento la storia del nostro paese che sempre fu, come è, regione non ispregievole d’Italia, avvivando in noi la speranza di ottenere da Voi un lavoro in ogni sua parte maestrevolmente compito, che sceverando la verità dalle favole e coordinando le cause e gli effetti degli avvenimenti, potesse istruirci e dilettarci colla narrazione coscienziosa e logica di tutto ciò che operarono i padri nostri, speranza che ancora non deponemmo quantunque la Nazione riconoscente abbia offerto alla vostra scientifica attività un campo assai più splendido e vasto. In allora mi eccitaste a scrivere ciò ch’io pensava sui documenti contenuti nel Codice Vanghiano, pubblicato per cura di Rodolfo King, e relativi alla condizione del principato di Trento nei primi due secoli della sua istituzione, cioè dal secondo degli Udulrici (1027) primo della serie dei nostri Vescovi che governasse con istabile legale potere il Trentino, fino a Federico Vanga (1207), durante il cui reggimento la potenza e l’estensione dello stato di Trento ebbe il massimo sviluppo, decadendo poi per cagione precipuamente della pertinace pressura esercitata da chi imperava sulle più recondite vette delle nostre Alpi centrali. Lo scritto che a Voi inviava non aveva altro scopo che corrispondere all’amichevole desiderio e di essere per avventura di qualche alleviamento alla fatica che stavate per imprendere.