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aggiustare gli strumenti a molla, le macchine da cucire e perfino i gioielli delle donne.

Una quiete infinita regnava intorno alla sua dimora: l’erba cresceva altissima intorno agli avanzi dei muri della chiesetta e davanti si stendeva un prato, così coperto di fioralisi che pareva riflettesse l’azzurro intenso del cielo di maggio.

Sotto una tettoia primitiva che funzionava da officina, il vecchio piccolo e tozzo e un po’ sciancato, con un testone calvo dal quale pareva che i capelli fossero scivolati per fermarsi in una lunga barba grigia, lavorava silenzioso davanti alla sua incudine: un mucchio di strumenti e di ferramenta era per terra.

Nel vedere Zebedeo non si mosse, non smise di lavorare, ma parve anche lui uscire dalla sua indifferenza per guardarlo con una certa curiosità.

Zebedeo trasse di sotto il cappotto la forbice e gliela porse: il lavoro da farei era minimo, si trattava di cambiare solo la molla rotta, e si poteva farlo lì per lì,