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di un puledro rubato che il ladro stesso cavalcava.
Il più strano fu che anche il vecchio cavallo, sempre così calmo e filosofo parve ad un tratto vinto dal cattivo esempio; si mise a trottare pesantemente rizzando le orecchie e sparando calci e solo quando il padrone, che non prendeva gusto al giuoco, poichè non riusciva a frenarlo gli diede qualche pugno sulla fronte, riprese a camminare al passo con la testa bassa un po’ umiliato. Da lontano Zebedeo vide che anche il figliuolo era riuscito a fermare il puledro, ma balzando a terra e tenendolo per la briglia alla quale s’intrecciava la criniera scomposta.
La bestia sudava e la sua bava sanguigna bagnava la mano che lo frenava; il giovane era così pallido che il padre si turbò profondamente.
— Che hai! Bellia! Hai del sangue nella mano.
— Ebbene, — gridò Bellia con dispetto, — questo demonio è divenuto un cane arrabbiato: mi ha morsicato.