Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 260 — |
verso nord, verso il paese dov’era Lia, per inginocchiarsi davanti a lei e confessare la sua colpa.
— Finchè non è placata lei il mio ragazzo è in pericolo, — diceva a voce alta: — e il Signore mi parla con la voce del mare.
Poi tornò alla casetta. La moglie stava sempre sul lettuccio ma aveva chiuso gli occhi e aspettava tranquilla. Nelle stanze attigue si sentivano il Dottore e l’ospite discutere fra un allegro tintinnìo di bicchieri e di stoviglie, cosa che irritava Zebedeo e lo induceva a maledire il prossimo. Odiava il Dottore perchè gli sembrava la causa indiretta della sua disgrazia, e si pentiva d’aver confessato la colpa davanti a lui: quella sua beffa dopo la confessione e adesso questa sua indifferenza e questo suo godimento che irrideva il dolore lì accanto, avevano qualche cosa di demoniaco. In fondo però Zebedeo sentiva che questa è la realtà della vita.
— E pensare che si farà pagare anche questo; ma se Bellia non torna, l’ammazzo.