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La padrona non rispose: pareva dormisse, ma i suoi occhi chiusi s’aprivano in un vuoto più gelido e tumultuoso di quello del mare nella notte: la paura angosciosa di una disgrazia imminente non l’abbandonava più; ed ella cercava invano di ragionarci sopra, di rassicurarsi: sentiva che la disgrazia era dentro di lei e che nessuno più, forse neppure Dio, poteva scongiurarla.

Verso l’alba si assopì: e le parve di sentire la fisarmonica, con un motivo nuovo dolce, con una nota sola quasi di flauto che invece d’inquietarla la calmava: ed era Bellia che suonava, che le parlava con la sua antica voce innocente e le ripeteva la ninna nanna ch’ella cantava a lui bambino.

Quando si svegliò e si alzò, egli già era uscito. Uno dei ragazzi dell’ospite disse di averlo veduto in una barca dove c’erano altri giovani della casa bianca e il suonatore di fisarmonica.

— C’era ancora la luna, e sono andati verso la grotta.

La madre si fece pallida d’ira: andò a sedersi al solito posto sulla sabbia che con-