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— Buona notte, zio Michele, — salutò Bellia davanti alla tettoia del fabbro. — E che fate? Siete lì in agguato aspettando il passaggio di un cinghiale? Venite a bagnarvi i piedi.

Il vecchio quella sera non lavorava, seduto tranquillo come un eremita col rosario in mano, sullo sfondo lunare della sua tettoia, con la bottiglia del vino sul piano d’argento dell’incudine.

Guardò Bellia, poi guardò la bambina che a sua volta lo fissava incantata.

— È tua sorella?

— Magari! — esclamò sinceramente Bellia, — almeno mi divertirei con lei.

— Figlio di chi sei?

— Di mio padre e di mia madre; — poi si pentì: — non mi conoscete? Sono Giovanni Maria Barcai, figlio di Zebedeo.

— Cos’hai a quella mano?

— Un male. — E Bellia si meravigliò che da qualche momento non pensasse più alla sua mano.

— E questa bambina di chi è?

— Non lo so; credo dei Bellei. Era sola