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già si specchiavano nella loro ombra. Il cuculo si lamentava, ma pareva lo facesse per finzione, per darsi a credere infelice e quindi intenerire chi lo ascoltava e farsi amare nonostante la sua lugubre fama.

Zebedeo non si inteneriva, o meglio s’inteneriva, ma irritandosi contro il suo sentimento; oramai conosceva gli uomini e le cose e gli sembrava che tutti fingessero perchè fingeva lui.

Nella tettoia del vecchio fabbro c’era luce: una fiammella ardeva da sola come un fuoco fatuo.

Avanzandosi Zebedeo vide il vecchio seduto scalzo in un angolo con gli occhiali sul naso, curvo ad aggiustare un oggetto misterioso; e gli parve uno stregone intento a fare qualche diavoleria; ma avvicinandosi meglio vide che si aggiustava le scarpe.

Nel ravvisare il visitatore il vecchio non smise la sua faccenda, solo allungò una mano dietro di sè e dal mucchio degli strumenti sempre lì abbandonati per terra prese le forbici da potare.

Zebedeo fece scattare il gancio che le