Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 113 — |
già si specchiavano nella loro ombra. Il cuculo si lamentava, ma pareva lo facesse per finzione, per darsi a credere infelice e quindi intenerire chi lo ascoltava e farsi amare nonostante la sua lugubre fama.
Zebedeo non si inteneriva, o meglio s’inteneriva, ma irritandosi contro il suo sentimento; oramai conosceva gli uomini e le cose e gli sembrava che tutti fingessero perchè fingeva lui.
Nella tettoia del vecchio fabbro c’era luce: una fiammella ardeva da sola come un fuoco fatuo.
Avanzandosi Zebedeo vide il vecchio seduto scalzo in un angolo con gli occhiali sul naso, curvo ad aggiustare un oggetto misterioso; e gli parve uno stregone intento a fare qualche diavoleria; ma avvicinandosi meglio vide che si aggiustava le scarpe.
Nel ravvisare il visitatore il vecchio non smise la sua faccenda, solo allungò una mano dietro di sè e dal mucchio degli strumenti sempre lì abbandonati per terra prese le forbici da potare.
Zebedeo fece scattare il gancio che le