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Zebedeo pensava a tutte queste cose camminando rasente i muri per non farsi riconoscere dai pochi passanti. La notte era chiara, illuminata da una vivissima luna: quando attraversava qualche spazio libero egli vedeva la sua ombra disegnarsi sul terreno con contorni nettissimi come una figura dipinta in nero, una figura diabolica, con quel profilo del cappuccio del cappotto corto stretto alla vita, le gambe lunghe chiuse dalle ghette di lana.

Le sue scarpe erano pesanti; tuttavia egli camminava lieve, agilissimo com’era, tutto muscoli e nervi; se nemici l’avessero assalito si sentiva capace di difendersi con le sue sole mani afferrandoli e atterrandoli in gruppo. Ma egli non aveva nemici e nessuno pensava ad assalirlo in quella mite notte di aprile.

Eppure aggrottava le sopracciglia e stringeva i pugni istintivamente come se un