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il catilinario 17

citori d’alcuni nè modo nè misura aveano: tutte cose laide e crudeli contro a loro cittadini medesimi taceano. A ciò s’aggiungca che Lucio Siila avea menato oste e gente in Asia, la quale volendo egli trarre a sè1, avea dato loro2, contro la costumanza de’ suoi maggiori, molto di libertà, e a lussuria, e a tutte altre loro volontà. E li luoghi piacenti e a mal diletto acconci agevolmente rammollirono li feroci animi dell’oziosa gente. Quivi cominciò prima l’oste di Roma ad innamorare3; a soperchio bere; a guardare per maraviglia gl’intagli e le tavole pinte4 e li vaselli5 lavorati: e queste cose in privato e in palese rapiano; li templi dirubavano; così i luoghi e le cose sagrate come le non sagrate6, tutte maltrattando, dispogliavano. Questa gente, che detta è, poscia ch’egli ebbono vittoria, non lasciarono alli vinti niuna cosa. E ciò non fu maraviglia: perocchè nella prosperità, e quando altrui coglie bene7, sono in fatica gli animi de’ savii a ben portarsi: non che si portassono bene in loro vittoria coloro ch’aveano così corrotti e malvagi costumi, come detto è8.


CAPITOLO X.


Come Roma fu corrotta per tutto.


(a)9 Poi in Roma10 cominciarono le ricchezze ad essere avute in grande onore, e alle ricchezze seguitava gloria, signoria e potenzia; allora cominciò la virtù a mancare e a impigrire, la povertà ad essere avuta per obbrobrio e per viltà, la innocenzia ad essere avuta per malvolere11. E così dalle ricchezze venne e cadde la gioventù de’ Romani in lussuria, avarizia e superbia; cominciarono a rapire, a consumare, ad avere per poco il loro, e desiderare l’altrui: l’onore e l’onestà e le cose d’Iddio e degli uomini aveano iu tutto confuso, e nessuna cosa appensata nè ammode-


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  1. volendo egli trarre a sè) Trarre a sè qui vale rendersi amico, benevolo; e non è registrato nel Vocabolario della Crusca.
  2. avea dato loro) Questo loro si riferisce ad oste e gente, i quali, essendo nomi collettivi, possono accordarsi con verbi al singolare ed al plurale, e ricever pronomi relativi plurali e singolari, per proprietà di nostra lingua, che in questo è simile alla latina ed alla greca.
  3. innamorare si adopera in forma att. trans., intrans. e rifl.: e qui sta per innamorarsi.
  4. pinto è lo stesso che dipinto, ma è voce antica da non usare in prosa.
  5. vasello è propriamente diminutivo di vaso; lo stesso che vasetto; ma si usò pure per vaso assolutamente, come sta in questo luogo.
  6. le cose sagrate) Sagrato è lo stesso che sagro; ma oggi è meglio adoperar sagro o sacro.
  7. quando altrui coglie bene) Cogliere, oltre alle altre sue significazioni, vale avvenire, incontrare, accadere; e così è qui adoperato.
  8. Non vogliamo tacere che questo periodo è alquanto intralciato e perplesso, e discostasi pure un poco dal latino.
  9. (Ora dice Sallustio che).
  10. poi in Roma ec.) Poi qui sta in luogo di poichè; ed è particolar proprietà di nostra lingua il tórre il che a siffatte particelle: e suol così farsi quando si vuol esser breve. Bocc. G. 2, n. 3: E pregollo che, poi verso Toscana andava, ti piacesse d’essere in sua compagnia.
  11. malvolere vale mala intenzione, mala volontà
  12. nes, trahere; e con molto accorgimento a noi pare che il nostro frate Bartulommeo abbia tradotto quel trahere per trarre a sua casa: dove si noti pure il pronome suo riferito a Romani, che è di numero plurale; il che si può ben fare, ma quando ben si sappia fare e con arte e leggiadria.